La vita degli oggetti. Il Made in Italy come resistenza umanistica (intervista a cura di Daniele Balicco e Davide Ferri; trascrizione di Camilla Panichi)
Davide Ferri: Vorremmo cominciare la nostra conversazione sul Made in Italy partendo dalla sua prefazione all’ultimo libro di Chiara Alessi intitolato Dopo gli anni zero. Il nuovo design italiano. Le vorremmo chiedere qual è il suo giudizio personale sulle novità estetiche e tecnologiche di questi ultimi anni.
Alessandro Mendini: Nel suo libro Chiara Alessi conduce un’analisi quasi ossessiva dell’attività dei designer italiani di oggi, quelli che hanno più o meno attorno ai trent’anni. Considera cento designer e li divide in categorie, cercando di captare i caratteri del loro comportamento in rapporto a un contesto oltremodo sfavorevole, perché le industrie stanno morendo e le scuole non insegnano.
Questo libro è un tentativo di capire che cos’è o se si può ancora parlare di italianità nel design contemporaneo. Nella mia prefazione ho definito questi trentenni «designer enigmisti»: professionisti, cioè, che lavorano con precisione ossessiva, come se dovessero risolvere un rebus. Come è noto, il rebus è un gioco formalistico, una specie di esercizio chiuso in sé che pretende una risoluzione di grande intelligenza, ma che, nello stesso tempo, è privo di un obiettivo reale.
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